lunes, 9 de mayo de 2011

Mario Meléndez regresa a Italia después de ocho años: Traduzione di Emilio Coco

Se presentará en las universidades de Urbino, Bologna
y en el festival mundial de poesía.
Presentamos algunos de sus poemas traducidos al italiano
que serán leídos en esas presentaciones.

Mario Meléndez por: Fracisco Véjar


LA PORTATRICE

Essa portò a passeggio le parole
e le parole morsero i bambini
e i bambini lo raccontarono ai genitori
e i genitori caricarono le pistole
aprirono il fuoco contro le parole
e le parole gemettero, urlarono
si leccarono lentamente le cieche ferite
finché alla fine caddero bocconi
sulla terra dissanguata
E venne la morte allora
vestita coi suoi migliori indumenti
e si fermò nella casa del poeta
per chiamarlo con grida disperate
e aprì la porta il poeta
senza sospettare di cosa si trattasse
e vide la morte appesa alla sua ombra
e singhiozzando
«Accompagnami», gli disse quella
«perché oggi siamo in lutto»
«E chi è morto», chiese il poeta
«Tu», rispose la morte
e gli tese le braccia
per fargli le condoglianze


RICORDI DEL FUTURO

Mia sorella mi ha svegliato molto presto
stamattina e mi ha detto
«Alzati, vieni a vedere
il mare si è riempito di stelle»
Meravigliato per quella rivelazione
mi sono vestito in fretta e ho pensato
«Se il mare si è riempito di stelle
io devo prendere il primo aereo
e raccogliere tutti i pesci del cielo»


SEGNALI STRADALI

Se ti perdi nel bosco del linguaggio
pensa alla poesia che più ti piace
e dilla a voce alta

Le parole ci portano per mano
mi grida Dio
da una stella a pedali

Quando giungerai all’ultimo verso
troverai l’uscita.


LA MORTE È PESATA TRE CHILI

Quando è nata la morte
nessuno ha voluto prenderla in braccio
era brutta come le ciccione di Botero

Non durerà molto
diceva la madre dopo aver partorito
rassegnata e assente
come una pietra in mezzo al temporale

Ma la morte aveva negli occhi
una luce indiavolata
un dolce brivido di eternità

Si sono sbagliati i medici
e la levatrice
e quello che ha trascorso la notte
chiamando l’impresa di pompe funebri

Adesso è un bambino robusto
commentano le infermiere
e a volte persino Dio le cambia i pannolini


ROULETTE RUSSA

Ho il revolver della morte
puntato contro la mia testa
ho il revolver della morte
tra le mie mani alzate

Dammi tutto ciò che hai
mi grida tra gli insulti
mentre preme il grilletto
dammi tutto ciò che hai
o ti riempio di buchi

Ho solo la mia vita, rispondo
tremando di paura

La tua vita?
Non so che farmene

Spara una buona volta
e facciamola finita
mi sento dire
anche tra gli improperi

Neanche per sogno, mormora
abbassando l’arma di colpo
i poeti solo muoiono
di eternità


LA MORTE  SUL CALVARIO
Vangeli apocrifi

Ricordati di me quando sarai nel tuo regno
disse la morte a Gesù
e subito toglierò la lancia dal tuo fianco
e scompariranno quei chiodi che ti dissanguano le mani
e quella corona di spine diventerà polvere
e quelle vecchie che singhiozzano in controluce
quei curiosi che non mancano mai
quei turisti giapponesi con le loro macchine fotografiche infernali
quei tipi che ti prendevano a frustate
il centurione con la faccia da gay che non smette di guardarti
l’asciugamano di Pilato, il fantasma di Barabba
tutti se ne andranno all’aldilà senza biglietto di ritorno
Se mi porti con te, se ti animi
ti prometto un’altra notte con Maria Maddalena
che il bacio di Giuda lo riceverà tuo padre
che Pietro ti rinnegherà mille volte nel purgatorio
che ti preparerò una torta con 34 candeline
esprimerai un desiderio e soffierai con tanta forza
da radere al suolo i giardini di Roma
ti do la mia parola che tutto questo avverrà se ti decidi
e Cristo vide la morte appesa vicino a sé
col volto perduto nella notte infinita
allora chiese a sua madre di chiudergli gli occhi


LA MORTE RUBÒ LE SCARPE DI DIO

La morte rubò le scarpe di Dio
Le stavano grandi ma le usava comunque
le lustrava solennemente prima di uscire
e aveva lasciato scritto sul suo diario da vivo
Voglio morire con le scarpe addosso
Non se le toglieva neanche quando dormiva
Quando si faceva il bagno nella vasca
quelle scarpe gorgogliavano come se parlassero
come se Dio inviasse messaggi dall’altro mondo
allora la morte se le accostava all’orecchio
e le cose che ascoltava la facevano piangere
  
   
SOGNARE NON COSTA NIENTE

L’amuleto della morte non è una zampa di coniglio
è un osso di mammut appena nato
Ne ha un altro che tolse a un fariseo
e un altro che era di Mosè
A dire il vero ne mette insieme di tutti i tipi e grandezza
Spiccano nella sua collezione:
la clavicola di Attila, il femore di Cleopatra
la mandibola di Abramo, la pelvi di Salomè
una costola di Adamo, e tra i suoi gioielli
il cranio di Maometto conservato in aceto
Per questo sogna di vincere la lotteria
e costruire il museo più grande che esista
allestirebbe un’esposizione permanente
con sale climatizzate e buona illuminazione
e al centro di tutto questo
un grande spazio per il suo capolavoro:
lo scheletro di Dio


LO STRANO CASO DELLA SANTA MORTE

Quella che vedete lì nuda
guardando le vetrine della sera
altra non è se non la Santa Morte
Ha perso la tunica in una rissa di strada
e le cadde la falce nella finale del campionato
mentre gridava come una pazza per la sua squadra preferita
e la portavano in trionfo i tifosi
per poi dimenticarla, ubriaca fradicia
in qualche bar della periferia
Adesso non ha niente da mettersi ed è pallida per il freddo
tremando in mezzo alla strada
mostra una squallida carcassa che fa pena
offrendosi al primo che passa
per avere almeno dove dormire
Domani impegnerà la sua bara e lo farà di buon mattino
sperando che la sorte si sbagli e le torni a sorridere
  
  
PER IL TUO PROPRIO BENE

La morte è in soprappeso e quando si vede allo specchio
si vergogna terribilmente e ha voglia di piangere
Le ho provate tutte, dice alla sua migliore amica,
dalle diete rigide alle liposuzioni
vado in palestra tre volte alla settimana
esco a correre di pomeriggio anche sotto la pioggia
faccio aerobica in casa di una vicina
seguo tutti i consigli di Cyndy Crawford
mezz’ora in bicicletta, flessioni, esercizi
addominali, insomma. Ma non serve
ho una pancia che s’indovina da lontano
e questa pelle arancione immeritata
Che orrore, guarda i miei seni
certo che fa pena la mia faccia
Il problema è che sei golosa
le dice l’amica del cuore
fatti vegetariana, okey
e lascia i vivi tranquilli
almeno per questa notte.
.
Mario Meléndez. È nato a Linares (Cile) nel 1971. Tra i suoi libri figurano: Autocultura y juicio, Apuntes para una leyenda, Vuelo subterráneo. Le sue poesie appaiono in diverse riviste e in antologie nazionali e straniere. È stato tradotto in italiano, inglese, francese, portoghese, olandese, tedesco, rumeno, persiano e catalano.
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